DE&I: una compliance equa e inclusiva

15.05.25 17:11

European Diversity Month, norme e policy, linguaggi e certificazioni

​European Diversity Month

Il mese di maggio è il Mese Europeo della Diversità (European Diversity Month), un'iniziativa della Commissione Europea che ricorre ogni anno, per promuovere la diversità e l'inclusione nei luoghi di lavoro e nella società.

Non è per niente solo questione di genere.

Durante questo mese, organizzazioni pubbliche e private organizzano eventi, workshop, campagne di sensibilizzazione e altre attività per riflettere sulla diversità in tutte le sue forme - etnica, di genere, orientamento sessuale, disabilità, età, provenienza socio-culturale -, favorire ambienti di lavoro inclusivi, condividere buone pratiche.

Il concetto stesso di inclusione, che oggi è tanto in auge, passa dall’idea che ci sia, in qualche modo, bisogno di accogliere chi è portatore di una o più diversità, cioè che le persone cosiddette normali abbiano la possibilità, o forse il dovere, di accogliere i diversi; rimane, dunque, una differenza di status tra questi due gruppi: motivo per cui molte persone che lavorano a vario titolo nel campo della diversità e inclusione – come ad esempio Fabrizio Acanfora – preferiscono usare l’espressione “convivenza delle differenze”, che mira a cancellare lo stigma legato alla diversità mostrandola per quello che è davvero: la naturale varietà con la quale l’essere umano si manifesta. (nota 1)

Abbiamo così pensato di raccontarti di alcuni strumenti a disposizione delle organizzazioni per creare un ambiente di lavoro che valorizzi e rispetti le diversità e di come è fondamentale rendere le regole della compliance aziendale (contratti, policy, regolamenti, …) più inclusive e rispettose delle persone.

​Cosa dice la normativa italiana e europea

In Italia, le politiche DE&I (diversità, equità e inclusione - diversity, equity, inclusion) hanno il loro fondamento nella Costituzione: nell’art. 3 che sancisce il principio di uguaglianza; nell’art. 37 che tutela la parità di trattamento delle donne lavoratrici; nell’art. 38 che garantisce tutele per i lavoratori con disabilità.


Per quanto riguarda le discriminazioni di genere c’è poi il Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna (nota 2) che si articola in:

  • previsioni di principio e definizioni (es. discriminazione diretta e indiretta, molestie)
  • la costituzione di un Comitato nazionale e dei Consiglieri di parità per l'attuazione dei principi
  • il divieto di discriminazione per l'accesso al lavoro, le condizioni di assunzione, la promozione e la retribuzione
  • promozione di azione positive
  • certificazione volontaria della parità di genere per le imprese
  • obbligo di rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile per le aziende con più di 50 dipendenti
  • un sistema sanzionatorio.

Ci sono poi normative specifiche che riguardano altri tipi di discriminazione non legati all’identità di genere (nota 3), come le norme per il diritto al lavoro delle persone disabili, per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dall'origine etnica, dalla religione, dalle convinzioni personali, dall'età e dall'orientamento sessuale.


A livello europeo, il fondamento delle politiche DE&I è nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea del 18.12.2000 che vieta qualsiasi forma di discriminazione, assicura la parità tra uomini e donne, riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.


Negli ultimi anni abbiamo anche assistito a una produzione normativa in ambiti diversi, accomunata dal voler essere un motore di cambiamento rispetto al tema DE&I: dall’equilibrio di genere all’accessibilità digitale, al trattamento di dati particolari alle valutazioni sui rischi discriminatori dei sistemi di intelligenza artificiale (nota 4).

​Policy aziendali

Per promuovere concretamente la DE&I nelle organizzazioni è fondamentale dotarsi di un sistema di regole interne che traduca i principi in comportamenti concreti, definendo compiti e responsabilità, affinché i principi diventino un vero strumento operativo.

Le policy DE&I possono essere un utile strumento per migliorare il clima aziendalefavorire l'innovazione e la competitività, ridurre i rischi legali e reputazionali ma anche aumentare l'attrattività verso i talenti.

Se non hai mai letto una policy DE&I, puoi curiosare la policy Diversity, Equity & Inclusion di Danone.


Una policy DE&I contiene in linea generale:

    1. la dichiarazione dei valori aziendali e degli obiettivi perseguiti
    2. la definizione dell’ambito di applicazione (personale dipendenti, collaboratori esterni, fornitori)
    3. definizioni chiare dei concetti chiave (diversità, equità, inclusione, discriminazione, molestie)
    4. previsioni sulla governance (ruoli e responsabilità: HR, management, eventuali comitati dedicati), con processi decisionali e risorse dedicate (budget, personale, tempo)
    5. aree di intervento specifiche rispetto a varie dimensioni: selezione, remunerazione, formazione, conciliazione vita-lavoro, accessibilità fisica e digitale
    6. procedure di segnalazione e loro gestione (canali di segnalazione, misure correttive, protezione contro le ritorsioni)
    7. integrazione con gli altri codici e modelli aziendali (es. Codice Etico, Modello Organizzativo 231, Whistleblowing)
    8. percorsi di formazione per il personale dipendente
    9. strumenti di monitoraggio e reportingcon anche KPI specifici e verifiche periodiche.

Nella redazione di policy DE&I occorre prestare particolare attenzione al tema della vincolatività giuridica, chiarendo se la policy costituisce parte integrante del rapporto di lavoro ma anche al tema della tutela della riservatezza nelle procedure di segnalazione.

​Linguaggi accessibili e inclusivi nei documenti aziendali

Troppo spesso il diritto e le regole aziendali sono ancora scritte come un secolo fa, rendendo così difficile la loro applicazione pratica.

Ti piacerebbero documenti legali più chiari, semplici ed efficaci nella tua organizzazione?


Usare linguaggi accessibili e inclusivi nei documenti aziendali (contratti, regolamenti, codici, policy, …) ne facilita la comprensione e quindi anche la loro applicazione pratica, consente di fare emergere le scelte dell’azienda e la sua posizione rispetto alla realtà e a come vuole stare nel mondo.


Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti! 

(Nanni Moretti, film Palombella rossa)


Il tema della scrittura accessibile è stato oggetto di dibattito sin dagli anni 70-80 (nota 5). 

Parlare di accessibilità nei documenti giuridici significa concretamente riferirsi innanzitutto “all’uso di un linguaggio semplice con ricorso ai termini del Vocabolario di base della lingua italiana, di strutture sintattiche più lineari o una migliore costruzione della struttura del documento” (nota 6), ma anche ad un approccio più visivo, ad esempio con l’inserimento nei documenti di elementi grafici o scelta di font di maggiore dimensione e più facile lettura (nota 7).

Lo scopo è consentire la migliore comprensibilità a chiunque, ma in particolare a persone con più basso livello di istruzione, di età alta o molto giovani, a chi non è di madrelingua italiana.


In questo articolo dedicato interamente alla comunicazione legale chiara e accessibile tra compliance e innovazione, dove abbiamo raccontato di Legal design, Plain Language, Linee guida ISO, progetto Easy to Read, accessibilità digitale ed European Accessibility Act.


La parola può dunque dare forma all’esperienza raccontandola e a volte manipolandola, ma può anche definire il mondo in termini nuovi e pertanto generare il progresso… La scelta delle parole è dunque un atto cruciale e fondativo: esse sono dotate di una forza che ne determina l’efficacia e che può produrre conseguenze… 

(G. Carofiglio, La manomissione delle Parole, ed. Rizzoli, 2010)


Il tema della scrittura inclusiva è diventato spesso sinonimo di linguaggio di genere, ma è riduttivo. Il linguaggio inclusivo fa invece riferimento a un linguaggio che faccia sentire ogni persona rispettata nella sua individualità: “cerca di eliminare, dunque, gli stereotipi di genere, gli stereotipi abilisti (riferiti alle persone con disabilità), l’ageismo (una forma di pregiudizio legato all’età dell’individuo), il classismo (un pregiudizio derivante dal grado di istruzione della persona o della sua condizione sociale o economica), il razzismo” (nota 8).


Il tema può essere degno di attenzione anche nei documenti giuridici, diventando segno di rispetto e cura da parte dell’organizzazione verso tutte le persone dipendenti, fornitori, clienti.


Ti segnaliamo un progetto del Gruppo Mediobanca insieme all’Università Cattolica di Milano, svolto tra maggio 2023 e settembre 2024 e i cui risultati sono stati presentati a febbraio 2025, denominato WORDS - Win Over Radicated Diversity Stereotypes “che promuove lo sviluppo di una maggiore consapevolezza sulla potenza del linguaggio come strumento per favorire l’inclusione e il rispetto dell’unicità di ogni individuo.”

Ne è scaturito anche il libro Words - Cosa significa parlare inclusivo sviluppato in 7 capitoli “concepiti ogni volta per dare risposte pratiche e concrete ai dubbi, domande, curiosità e resistenze evidenziate dalla ricerca”.


Rispetto al tema specifico del linguaggio di genere sono state elaborate alcune Guide istituzionali che possono essere uno strumento di riflessione, come:

​Norme UNI e certificazioni

Avrai sentito parlare della Certificazione per la Parità di Genere (UNI/PdR 125:2022), uno strumento a disposizione delle organizzazioni per attestare l'impegno verso politiche di genere efficaci.

La certificazione avviene su base volontaria e su richiesta dell’impresa. Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di certificazione accreditati.


La finalità del Sistema di certificazione della parità di genere alle imprese è quella di favorire l’adozione di politiche per la parità di genere e per l’empowerment femminile a livello aziendale e quindi di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di leadership e di armonizzazione dei tempi vita” (nota 10).


Ci sono poi vari altri standard e certificazioni dedicati in senso più ampio ai temi sociali all’interno di un’organizzazione:

  • SA8000 (Social Accountability 8000): si occupa di temi come il lavoro minorile, la salute e sicurezza, la discriminazione, gli orari di lavoro e le pratiche disciplinari
  • ISO 26000 (Linee guida sulla responsabilità sociale): non è una certificazione formale, ma varie organizzazioni l'adottano come framework per implementare e rendicontare le proprie pratiche di responsabilità sociale, incluse le politiche DEI
  • B Corp Certification: una certificazione rilasciata da un ente indipendente B Lab, relativa a performance sociali e ambientali, trasparenza e responsabilità legale.

​Note

1 - AA.VV., a cura di Vera Gheno, Parole d’altro genere. Come le scrittrici hanno cambiato il mondo, BUR Rizzoli, 2023

2 - D.lgs. 198/2006e successive modifiche, in particolare Legge 162/2021
3 - Ad esempio la Legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), il d.lgs. 215/2003 (Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica) o il D.lgs. 216/2003 (per l’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall'età e dall'orientamento sessuale)
4 - Ad esempio: Direttiva (UE) 2022/2381 (c.d. Direttiva Women on boards) che mira a migliorare l’equilibrio di genere nei consigli d'amministrazione delle grandi società quotate; European Accessibility Act (Direttiva sull’accessibilità digitale UE 2019/882), che entrerà in vigore il 28 giugno 2025, che ha lo scopo di eliminare le barriere digitali che ancora impediscono a milioni di persone di accedere a prodotti e servizi essenziali; Direttiva sul Reporting di Sostenibilità (CSRD - Direttiva n. 2022/2464 recepita in Italia dal D.lgs. n. 125/2024) che ha disciplinato obblighi di rendicontazione sul rispetto dei diritti umani e così anche sui temi DE&I; GDPR (Regolamento (UE) 2016/679) che all’articolo 9 vieta il trattamento di dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, dati relativi alla salute e alla vita sessuale, salvo specifiche eccezioni; AI Act (Regolamento UE 2024/1689): per la prima volta impone valutazioni sui rischi discriminatori dei sistemi di intelligenza artificiale.
5 - Magari hai già sentito parlare del progetto della rivista Due Parole. Mensile di facile lettura. É la prima rivista a scrittura controllata in Italia pensata per “lettori dimenticati”, ossia per le persone con problemi specifici di lettura e comprensione ma anche per gli studenti della scuola dell’obbligo o per chi sta imparando l’italiano.
6 - cap.7.12 del libro Che contratti! Progettare, scrivere, disegnare contratti semplici e chiari, Lorenzo Carpanè - Veronica Morlacchi, ed. Giappichelli, 2023
7 - la dimensione del font ad esempio ha rilevanza: per persone con problemi di vista, una dimensione troppo piccola rende difficile la lettura del testo. Per questo motivo anche IVASS con il Regolamento n. 40/2018 ha fissato una dimensione minima dei caratteri in 1,2 millimetri usando come parametro il cosiddetto «occhio medio». Grande rilevanza ha anche la scelta del tipo di font: pensiamo alle persone che soffrono di dislessia, che hanno un’alterata percezione di lettere e parole (per esempio hanno difficoltà a riconoscere le lettere specchiate: p, q, b, d). Sono stati sviluppati alcuni font per persone con dislessia: nello specifico si parla di OpenDyslexic, Dyslexie, Easyreading e Bianconero (tutti scaricabili gratuitamente). In particolare EasyReading, nato da anni di ricerche affiancate da studiosi del disturbo dislessico ed è stato riconosciuto dall’Associazione Italiana Dislessia come un valido strumento a supporto di questo disturbo dell’apprendimento.
8 - cfr. nota 3